Azione revocatoria: condizioni per l’esercizio, effetti e prove.
- Giorgia Persoglia
- 11 gen 2023
- Tempo di lettura: 2 min
L’azione revocatoria (o cosiddetta pauliana), disciplinata dagli artt. 2901 – 2905 c.c., è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, finalizzata ad ottenere la dichiarazione di inefficacia, da parte del creditore, degli atti di disposizione posti in essere dal debitore incidenti su detta garanzia.
Come sopraddetto, legittimato attivo è il creditore, anche qualora si tratti di un credito non certo, liquido, esigibile o, addirittura, che si tratti di credito oggetto di contestazione in altro separato giudizio.
Tali sono i presupposti, dettati dall’art. 2901 c.c., affinché l’azione possa esperirsi:
atto di disposizione: il debitore deve aver posto in essere un atto di disposizione del proprio patrimonio, con il quale abbia trasferito ad altri un proprio diritto, abbia assunto un nuovo obbligo o abbia permesso la costituzione sui propri beni di diritti a favore di terzi;
eventus damni: l’atto di disposizione così posto in essere deve recare pregiudizio alle ragioni creditorie, anche rendendo semplicemente più difficile o incerto il soddisfacimento coattivo del proprio credito;
scientia fraudis: il debitore dev’essere consapevole del pregiudizio arrecato al creditore con il proprio atto di disposizione, non essendo necessario che via lo specifico intento di nuocere al creditore (c.d. animus nocendi); nel qual caso si tratti di atto di disposizione a titolo oneroso, inoltre, detta consapevolezza deve sussistere anche in capo al terzo (c.d. partecipatio fraudis).
Merita segnalare come oggetto dell’azione revocatoria possa essere anche un atto antecedente al sorgere del credito, purché sussista in capo al debitore il c.d. consilium fraudis: l’atto, cioè, deve essere stato posto in essere con la dolosa preordinazione di arrecare pregiudizio alle ragioni del futuro creditore. Anche in tale ipotesi, qualora si tratti di atto a titolo oneroso, detta consapevolezza coinvolgerà altresì il soggetto terzo.
In punto di onere probatorio il creditore sarà chiamato, per poter esperire vittoriosamente l’azione revocatoria, a dimostrare:
se trattasi di atto a titolo gratuito, l’eventus damni e la scientia fraudis in capo al debitore;
se trattasi di atto a titolo oneroso, oltre all’eventus damni e alla scientia fraudis del debitore, anche la partecipatio fraudis del terzo.
Una volta soddisfatto detto gravoso onere probatorio, il creditore otterrà la dichiarazione di inefficacia, solamente nei propri confronti, dell’atto di disposizione (antecedente o successivo al sorgere del credito) compiuto dal debitore; il bene oggetto di disposizione cioè si considererà, per il solo creditore che abbia agito ex art. 2901 c.c., come mai uscito dal patrimonio del debitore.
Egli, allora, potrà liberamente esercitare le azioni conservative ed esecutive nei confronti del bene oggetto dell’atto revocato, e ciò come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore.
Nell’ottica di garantire l’interesse generale delle relazioni giuridiche e della certezza dei diritti, al fine di evitare che la sorte degli atti suscettibili di revoca non rimanga a lungo sospesa, il Legislatore ha preferito sottoporre l’azione revocatoria ad un termine prescrizionale più breve di quella decennale ordinaria: e cioè, ex art. 2903 c.c., cinque anni dalla data dell’atto.
Articolo pubblicato su Universolegge.it
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