In sede di separazione, qualora uno dei due coniugi non abbia adeguati redditi propri, il Giudice adito può ex art. 156 c.c. obbligare l’altro al versamento mensile di un assegno di mantenimento, ovviamente commisurato alla capacità economica dell’obbligato.
Accade spesso, però, che nonostante l’ordine pronunciato dal Giudice, il coniuge obbligato si renda inadempiente.
Ecco, dunque, che l’art. 156 c. 6 c.c. fornisce concreta risposta al problema: “In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto”.
La norma, nel sanzionare l’inadempimento dell’obbligato, nonché il suo non puntuale adempimento, non richiede la gravità dello stesso, ritenendo sufficiente che tale comportamento generi fondati dubbi sulla tempestività dei futuri pagamenti.
In presenza di simili presupposti, le due garanzie previste dal dettato normativo, ovverosia il sequestro dei beni del coniuge obbligato e l’ordine di versamento diretto dell’importo da parte di eventuali terzi-debitori, sono liberamente esperibili dal titolare del diritto all’assegno di mantenimento, anche in via cumulativa.
Per quel che ivi interessa, in merito al versamento diretto da parte del terzo dell’importo dovuto si segnala che, dal punto di vista procedurale, la domanda può essere proposta con ricorso al Tribunale territorialmente competente, utilizzando il rito della camera di consiglio di cui agli artt. 737 ss c.p.c.
Il ricorrente, quindi, potrà convenire in giudizio qualsiasi soggetto terzo che sia debitore, in forza di un titolo valido, di una somma di denaro nei confronti del coniuge inadempiente: si pensi, ad esempio, al datore di lavoro, all’erogatore del trattamento pensionistico (pubblico o privato), od ancora al conduttore dell’immobile di proprietà del coniuge e dallo stesso concesso in locazione.
A nulla rileva, poi, che la norma statuisca che possa essere versata al coniuge solamente “una parte” delle somme dovute dal terzo-debitore: essa, infatti, dev’essere interpretata nel senso che “il giudice possa legittimamente disporre il pagamento diretto dell’intera somma dovuta dal terzo, quando questa non ecceda, ma anzi realizzi pienamente, l’assetto economico determinato in sede di separazione con la statuizione che, in concreto, ha quantificato il diritto del coniuge beneficiario” (cfr. Cass. Civ., 6 novembre 2006, n. 23668).
Nessuna lesione al diritto di difesa del coniuge convenuto, il quale è adeguatamente garantito dall’instaurazione del contraddittorio tra le parti, assicurato dalla notifica allo stesso del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di comparizione. Egli sarà, infatti, libero di costituirsi in giudizio eccependo, mediante memoria difensiva ed in pieno rispetto dei principi generali in tema di onere della prova, l’eventuale intervenuto pagamento di quanto richiesto.
Il Tribunale adito, quindi, non sarà chiamato a pronunciarsi sull’esistenza del diritto al mantenimento del coniuge procedente, quest’ultimo già accertato in sede di separazione, bensì a verificare semplicemente la sussistenza dell’eventualmente inadempimento, così accogliendo o rigettando la pretesa del ricorrente.
Si segnala che il sesto comma dell’art. 156 c.c. è stato oggetto di revisione della Corte Costituzionale, la quale l’ha dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che le disposizioni nello stesso contenute debbano applicarsi anche all’ipotesi in cui l’inadempimento sia riferibile al contributo per il mantenimento dei figli, nonché nell’ipotesi di separazione consensuale (Cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 144/1983; sent. n. 5/1987).
Articolo pubblicato su Altalex.it
https://www.altalex.com/documents/news/2020/10/31/separazione-ex-non-paga-art-156-comma-6-cod-civ-la-soluzione
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